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Rivella vs. Ziliani: mercato contro sangiovese 100%­

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view post Posted on 7/10/2008, 09:45
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Ripropongo anche qui la mia pseudo-cronaca del divertente pomeriggio del 3 ottobre, a Siena

L'aula magna di San Vigilio è piuttosto piccola, gli spalti sono comunque gremiti, circa 150 persone presenti, maggioranza maschile. Riconosco produttori di Montalcino, Andrea Cortonesi di Uccelliera, la Cinelli Colombini, enotecari, rappresentanti, giornalisti, volti noti e meno noti, amici, conoscenti. Parterre piccolo ma molto qualificato. Sono costretto a seguire tutto il dibattito in piedi e fuori dalla porta. In cattedra i due contendenti, affiancati dai due noti produttori. Mi fa piacere vedere Cappellano. Al centro il giovanissimo prof Cutolo dell’Università di Siena.
Sta già parlando Ziliani. Niente di nuovo, la questione del contendere è chiara, aspettiamo sviluppi dal dibattito. Si capisce quasi subito che le due posizioni sono totalmente inconciliabili e che tutti si alzeranno dalla sedia esattamente con le stesse idee sulla materia e sull’”avversario”.
Rivella, in particolare, appare particolarmente pieno di sé, convintissimo che il totem mercato meriti un totale sacrificio delle residue velleità integraliste del Brunello. A tratti è talmente infastidito delle opinioni altrui da esporsi con esempi fuori misura. Tipo quando dice che se non c’era lui e quelli come lui, Biondi Santi non sarebbe mai riuscito a vendere tutto il suo vinello, nonostante i 120 anni di produzione. Ad inizio dibattito arroga ai modernisti mischioni il merito di aver portato il Brunello ai vertici delle classifiche di Wine Spectator. Ziliani ironizza sbracciando verso Cappellano, il pubblico inizia a rumoreggiare. Il parterre pare schierato al 90% con Ziliani, da ora in poi.
Cappellano fa l’elogio dei piccoli vignaioli, della Provincia, della continuità. Cita il nonno. Rivella dice di aver conosciuto suo nonno. Comuni radici nelle Langhe. “Il miglior premio è di essere apprezzato da chi mi conosce, non da tutti”. Rivella pare quasi essere d’accordo. Come dire, “Fa come vuoi, basta che ci lasciate fare il vino come pare a noi: voi vendete il vostro agli amici, noi il nostro al mondo”. Fiore si limita al gregariato, si dice allievo di Rivella e avalla la tesi delle denominazioni come costruzione astratta. In Borgogna hanno un disciplinare di 10 righe, a Montalcino 4 pagine scritte fitte fitte.
Panico quando parla Milioni, dal pubblico. Il paragone tra il Rinascimento artistico fiorentino e i tagliatori di Montalcino è imbarazzante. Avvicinare dei rivoluzionari della Storia dell’Arte come Michelangelo e Brunelleschi con degli omologatori al gusto internazionale qualifica subito il personaggio. Avrebbe fatto maggior figura se si fosse limitato a dire “sono d’accordo con Rivella, apriamo ai mercati e poche storie”, invece di avventurarsi in paragoni-boomerang.
Finalmente un intervento interessante, Filippo Cintolesi di Podere Erbolo. Fisicamente sembra la controfigura del Trogo, o almeno a me lo ricorda, anche nell’approccio contemporaneamente colto e sanguigno. Espone immediatamente la sua provocazione: via tutte le denominazioni, nessuno sfrutti vantaggi di campo. Chi farà il vino migliore si vedrà. Massì, buttiamo via il nome Brunello e vediamo, senza rete, se è più buono il Sangiovese Grosso di Montalcino o il Blend da Montalcino.
La citazione in inglese la capiscono in pochi, ma nessuno la mette in dubbio, visti gli ampi soggiorni ad Oxford e il curriculum di studio invidiabile. Provocatorio, passionale. Da qui in poi il dibattito si anima e prende una piega barricadera.
Quando Rivella parla di vino di qualità c’è un attimo di smarrimento generale: un concetto già estremamente elastico e generico come “La Qualità” in bocca sua si deforma e si allarga fino a diventare sinonimo di Coca Cola o Borgogna, il che è lo stesso nella sua visione, visto che sono due brand vendutissimi. Pronti a tutto, rimanendo ben in groppa al cavallo Brunello. Sembra quasi voglia dire: se volete fare il 100% sangiovese perché non uscite voi dalla denominazione? A domanda precisa di giornalista che gli chiede se avesse tagliato il sangiovese quando era enologo, risponde “No” con decisione. Chi ha rovinato il nome del Brunello, così faticosamente costruito? Ovvio, “La magistratura”! E qui si sfiora la rivolta in sala. Anti-berlusconiani storici e No-global del Brunello si fondono insieme. L’ambiente si scalda, partono le prime urla. Cintolesi in piedi, quasi schiuma. “Il Chianti è una metafora di quello che succederà a Montalcino”
Proseguono le schermaglie, sempre più secche. Le posizioni sono inconciliabili, è un dialogo tra sordi. A Rivella va riconosciuta grandissima personalità, riesce a combattere da solo contro tutti, un vero gladiatore. Questa energia potrebbe essere spesa per miglior cause, sinceramente. Il massimo lo raggiunge quando smentisce se stesso, asserendo che i giudizi dei critici non contano, contano le vendite. E il bel ragionamento su Wine Spectator di poco fa?

E’ l’ora per me di lasciare la sala, dopo due ore e mezzo passate in piedi. E’ stato divertente, a tratti esilarante. Gli oratori sono ancora lì, mi allontano sentendo la voce di Ziliani che risponde a Rivella parlando di battaglia ideale, nessuno mi paga, difesa dei consumatori…
 
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BIBENDA
view post Posted on 10/1/2015, 19:11




L'unico che ha dimostrato di avere competenza, idee chiare, capacità espositiva e lungimiranza è RIVELLA.

Qualcuno degli oratori se ne poteva stare a casa in quanto il contributo apportato è stato deludente e fiacco.
 
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1 replies since 7/10/2008, 09:45   832 views
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