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Azienda MONTERAPONI - Radda in Chianti, Filo diretto con Michele Braganti

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view post Posted on 18/9/2011, 20:01
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http://davidebonucci.simplicissimus.it/201...-annate-deboli/

Primo approccio sangiovesista di fine estate da Burde, per la presentazione dei vini di Michele Braganti. Aria condizionata sparata in faccia devastante: stamani mi sono ritrovato con un occhio gonfio. Mi faccio un piccolo promemoria: bisogna che pensi bene anche a dove (e quando) bevo, e non solo a cosa! :-)
Sui vini, ho trovato sorprendentemente interessanti tutti i 2008, incluso il vituperato merlot Iugero. Che in purezza può “chianteggiare” (presidente Pallanti docet, espressione che crea una certa indisponenza tra i sostenitori dell’autoctono), mentre in blend fa solo a cazzotti con l’espressione autoctona, in 9 casi su 10. Ma che non diventi un pretesto per merlottizzare il Chianti Classico, al limite per dare senso compiuto all’invasione di internazionali degli scorsi anni.

Chianti Classico 2008 con una fantastica mammola al naso, bevuto con grande piacere, in leggerezza. Il Campitello 2008 con un bell’additivo da Vigne Alte (niente Baron’Ugo nel 2008), quindi certamente più largo e incisivo rispetto al normale apporto del solo sangiovese e canaiolo della vigna de Il Campitello.

2003 è un’annata che non riesco ad amare (tranne casi rarissimi), ma che rispetto per la tribolata conclusione, realisticamente resa anche da Il Campitello 2003. Scuro e slegato. Il Campitello 2005, fuori commercio, direi piacevole e straniante, da bere adesso. Trovo la sfida nelle annate deboli interessante, sarebbe stato utile avere un confronto anche con Il Campitello in un’annata di qualità piena come la 2007, per capire cosa succede in azienda quando il clima da una mano.

Il Baron’Ugo 2007 resta un fuoriquota, anche se avrebbe bisogno di molto più tempo per essere adeguatamente compreso. In botte era incredibile, nel passaggio su vetro deve ritrovare il suo massimo potenziale. Capisco che ho dei tempi da slow-drink che in pochi possono sopportare, però certi vini hanno bisogno di tempo e silenzio e il ristorante, paradossalmente, non è sempre il luogo più adatto. Per non parlare della prova a bottiglia aperta, dopo ventiquattro ore, possibile solo a casa. Bisogna fare di necessità virtu’, lo scopo è sempre quello di far conoscere vini e territori ancora sottovalutati e/o mal comunicati, quindi il fine è sempre giustificato e il godimento comunque assicurato, sia per la valida cucina di Paolo Gori che per la palese dedizione che Michele Braganti mette nel suo lavoro, tra filari, diraspatrici, vasche, rimontaggi, travasi e botti.
 
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