Sono abbastanza fiducioso sugli esiti, per il mantenimento del 100% sangiovese ma, insomma, quando cominceranno a ragionare sulla zonazione, invece che perdere tempo a cercare questi vicoli ciechi/gran trovate per chissà quali grandi vendite (senza considerare i contraccolpi nel medio-lungo, peraltro)... uff...
Qua ci sono dei cervelli che ragionano come venti anni fa; come se gusto e mercati fossero rimasti gli stessi, fra l'altro...
http://davidebonucci.simplicissimus.it/201...a-con-il-rosso/Ci risiamo. Ricordiamo ancora con chiarezza la lunga querelle che seguì lo scandalo Brunellopoli. Alcuni produttori inserivano tagli “migliorativi” nel monovitigno sangiovese, più o meno consapevolmente, in barba al disciplinare. Si cercò di legittimare quello che per alcuni era abitudine, modificando le regole. L’assemblea dei soci del Consorzio del Brunello (e del Rosso) di Montalcino, bocciò seccamente la proposta. Arrivò quindi Rivella al comando del Consorzio; la notizia destò qualche preoccupazione tra i puristi del sangiovese, anche alla luce di certe dichiarazioni pre e post nomina, non esattamente tranquillizzanti. Poi acque calme per un po’.
Adesso, appunto, ci risiamo. Apprendo da Ziliani, sempre presente sulle questioni identitarie sangiovesiste, che è in atto un attacco alla seconda denominazione. Anche qui si vuole un compromesso, degradando la tradizionalità del marchio Rosso di Montalcino (finora 100% sangiovese) e contemporaneamente dando dignità alle molte uve merlot e cambernet sauvignon ilcinesi, fino ad oggi ufficialmente relegate ai soli IGT e DOC Sant’Antimo.
Ovviamente sono contrarissimo. La situazione è ancora molto fluida e la decisione spetta, come nel 2008, all’assemblea dei soci del Consorzio. Sarebbe maggiormente auspicabile la trasformazione della DOC di ricaduta Sant’Antimo, rinominata “Montalcino” (come propone, ad esempio, Galloni), per connotarla maggiormente, con un nome di maggior appeal commerciale . Lasciando in pace i due marchi tradizionali consolidati. Andrebbe fatto capire a chi crede nelle migliori prospettive generate da questa bella mossa, che ciò è fattibile solo su una terza denominazione, giocandosi il nome del capoluogo senza intaccare la credibilità faticosamente mantenuta. Pena la definitiva compromissione dei marchi sul lungo periodo. Altro che vigneti “migliorativi” e strategia di “marketing vincente”! Questo in soldoni si chiama dispersione del valore di unicità, omologando il Rosso di Montalcino ad un qualunque Chianti (quasi) Classico (addizionato con internazionali) o addirittura ad un qualunque blend a base sangiovese, ovunque prodotto. Il terroir non può salvare dalla pesante traccia omologante che il merlot incide sul vino, anche in piccole percentuali. Puro e semplice autolesionismo, seguendo il “fulgido” esempio di tanti produttori chiantigiani tristemente merlottizzati e cabarnettizzati. Confido nel buon senso dei molti produttori ilcinesi validi e nella generale consapevolezza che l’attuale “strada” è l’autoctono. Il mercato cerca proprio quello: il sangiovese di Montalcino; non il merlot di Montalcino, non il cabernet di Montalcino!
Oggi pomeriggio si svolgerà all’Unione Agricoltori una prima assemblea con una parte dei produttori, proprio per discutere una linea (se ne esiste una comune tra gli aderenti), in vista della futura deliberazione dell’assemblea dei soci del Consorzio.
Edited by brozzi - 22/12/2010, 23:22